domenica 12 febbraio 2012

Caos Grecia


Ecco i numeri sulla riduzione degli stipendi e delle pensioni che vuole la Troika (BCE) in cambio degli aiuti.
Il taglio del 22% sugli stipendi minimi porterebbe il salario da 751,4 ala modica cifra di 586,1, il che comporta un’ entrata di 9 mensilità del vecchio stipendio minimo.
Il sussidio di disoccupazione viene portato a solo 360 euro mensili, i giovani sotto i venticinque anni di età, dovranno subire un’ ulteriore taglio del 10%, portando lo stipendio minimo a 528,5. Il salario giornaliero per un lavoratore non sposato e senza esperienza si riduce ai 26,18 euro, dai 33,57 euro, e per uno sposato ai 28,80 dai 36,92 euro.
Lo stipendio per un lavoratore con tre figli e nove anni di lavoro si abbasserà agli 808,96 dai 1.037,13 euro.
Per le pensioni taglio immediato del 15-20% e del 15% per quelle integrative, in pratica meno soldi, e parecchi per tutti. L’ Eurostat di Bruxelles ha fatto sapere che nel 2010 poco più di 3 milioni di persone, ovvero il 27,7%, vivevano ai limiti della soglia di povertà, immaginiamo adesso a cifra arriverebbe il paese ellenico con queste misure di austerità, molti sicuramente scenderebbero sotto quella soglia che verebbe rimpinguati da nuovi disperati. Teniamo anche conto che da quando iniziarono gli aiuti, un operaio con stipendio di 1500 euro si ritrovò a 750, chi aveva un mutuo sulle spalle si trovò nettamente in difficoltà sull’ adempimento del pagamento delle rate, se adesso ne prenderà 586, fate voi i conti.
(Pensate che la benzina in Grecia costa all'incirca quanto in Italia... vedi tabella europea)
Sicuramente scenderà in piazza molta più gente arrabbiata e gli scontri aumenteranno a livelli esponenziali, è un peccato vedere qualcuno ridotto così
Cosa si può fare? Pretendere che il governo riduca i salari minimi per decreto quando le parti sociali hanno appena deciso il contrario (di non aumentarli) è sicuramente da repubblica delle caciotte.
Dall’altra parte, in questa battaglia c’è molta ipocrisia.
Per la Confindustria greca non ha senso sprecarsi per ridurre i costi del lavoro quando si può tranquillamente ignorare la legge. Per i sindacati, assenti dalle imprese potenzialmente interessate, si tratta di un gesto meramente simbolico e ad alto contenuto ideologico. In questo contesto, trovare una soluzione non è semplice.
Una possibile propostapotrebbe essere rivolta ai sindacati e ai partiti del centrosinistra, è di accettare una riduzione del salario minimo, ma inferiore al 22 per cento attualmente in discussione, e di pretendere in cambio da governo e imprenditori il loro impegno su quattro punti:
(1) ammortizzatori sociali per le famiglie di disoccupati e di lavoratori poveri;
(2) ripristino della legalità dappertutto: nessun lavoratore in nero;
(3) riduzione subito dei prezzi da parte delle imprese coinvolte;
(4) aumento graduale del salario minimo nel futuro prossimo, man mano che l’economia cresce.
Attendiamo qualche risposta. Ma senza trattenere il fiato.
fonte: Trading No stop Finanza